Il Padre nostro, una preghiera nuova o uno stile di vita?

Il Padre nostro è l’unica preghiera che Gesù ha consegnato ai suoi discepoli. Ciò avviene, secondo l’evangelista Matteo, all’interno del Discorso della Montagna, quando Gesù parla della preghiera: «voi dunque pregate così» (Matteo 6,9). Per l’evangelista Luca, invece, è in risposta alla richiesta dei discepoli: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (Luca 11,1).

La domanda “insegnaci a pregare” (Vangelo di Luca) o “voi dunque pregate così” (Vangelo di Matteo) non significa, però, che i discepoli non sapessero pregare. Essi, infatti, certamente rispettavano la norma di pregare tre volte al giorno, quattro volte nel giorno di Shabbat e delle festività principali, cinque volte nel giorno del perdono, lo Yom Kippur. C’era la preghiera pubblica, al Tempio e in Sinagoga; la preghiera nel beit-midrash (aula per lo studio della Torah) e la preghiera privata.

Per gli ebrei la religione coinvolge tutti gli aspetti della vita. Dio deve essere ricordato in ogni azione della giornata.

La principale preghiera ebraica è lo Shema‘ Jisra’el, una dichiarazione di fede nell’unico Dio (Deuteronomio 6,4-9). Dopo lo Shema‘, la preghiera per eccellenza è la preghiera delle Diciotto benedizioni. Ma ci sono tante altre preghiere legate alle varie azioni o situazioni della giornata.

La domanda quindi che i discepoli rivolgono a Gesù (Vangelo di Luca) non riguarda preghiere da dire, già sanno cosa fare, ma: “qual è il tuo segreto, il tuo modo di vivere la tua relazione con Dio”? Discorso simile in Matteo: Gesù non vuole insegnare una preghiera nuova, ma partecipare la sua esperienza particolare di preghiera.

Una riprova è nel Vangelo di Luca (10,25-27). Un dottore della Legge chiede a Gesù: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù indirizza al testo sacro, con una sottolineatura: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Dalla risposta del dottore della Legge, capiamo che il riferimento è allo Shema‘ Jisra’el. Non solo una preghiera da recitare, ma da vivere: «Come leggi?», cioè: «Come lo reciti?».

Le parole del Padre nostro non sono nuove: erano conosciute da altre preghiere ebraiche. Ma qui acquistano un significato particolare riguardante la relazione e l’esperienza con Dio. Le varie petizioni sono gli orizzonti della nostra vita. Sono il nostro stile di vita.

Il Padre nostro non può essere, perciò, soltanto ripetuto a memoria. Va imparato ogni giorno di nuovo, perché nella preghiera non ottengo delle cose, ottengo Dio stesso. Se la nostra vita non viene trasformata, riflettendo sulle parole di Gesù, diciamo parole senza efficacia.

Gesù non ci chiede semplicemente di modificare il nostro linguaggio, ma un cambiamento di atteggiamento nel rapporto con Dio. Invita a vivere una relazione con Lui: intensa, di intimità, di felicità, di pienezza. Come figli che sanno di essere amati.

[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 5 – continua]