San Paolo e lo sport [9]

Passare il testimone. Nello sport ci sono momenti di grande attività e momenti nei quali è necessario passare la mano ad altri, per quanto bravi si possa essere stati nel passato. Anche nella vita è grande saggezza capire questi passaggi che danno continuità e sicurezza sia a chi lascia un impegno amato e sofferto, sia a chi assume un compito con tutti i timori di non esserne all’altezza, soprattutto se chi viene sostituito è stato un campione di chiara fama, o comunque una persona di successo. È allora molto importante preparare serenamente questi cambi che possono essere vissuti in una criticità negativa, o essere forieri di grandi sviluppi secondo il rinnovamento voluto.

Scrive San Paolo: “Io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione” (2 Timoteo 4,6-8).

Con questo testo parrebbe che si concluda quanto l’Apostolo dice a proposito di un impegno cristiano, che mutua esempi e insegnamenti dallo sport come scelta di vita ascetica e mistica. In realtà sulla scia dei successi olimpici che avevano una grande risonanza popolare e religiosa, San Paolo trasferisce la stessa tensione agonistica al combattimento della fede e alla crescita umana e spirituale dei suoi fedeli.

Citius, altius, fortius” (sempre più veloce, sempre più in alto, sempre più forte): questi tre avverbi, che vorrebbero esprimere lo spirito olimpico proteso costantemente al raggiungimento di mete sempre più impegnative per arrivare al limite delle possibilità umane (record mondiali), possono farci capire la tensione serena e costante dell’Apostolo Paolo. Essa non è presente solo nei passi dove si parla di esempi di tipo sportivo o combattivo, ma dappertutto nelle sue Lettere volte a riattizzare quel fuoco d’ardore e d’amore che era stato posto nel cuore e nello spirito dei suoi fedeli al momento della conversione, e che in seguito poteva rischiare di attenuarsi o di spegnersi del tutto.

Per San Paolo la cura delle chiese, o comunità cristiane, non terminava mai, anzi nel tempo si richiedeva un impegno sempre maggiore; come in un esercito si pretendeva dai veterani una determinazione assidua dettata dall’esperienza e dal buon esempio da dare ai più giovani. “E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne” (Romani 13,11-14).

P. Marcello Lauritano, ssp