San Paolo e lo sport [12]

SOBRIETÀ E AUTODISCIPLINA

Nella Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, l’Apostolo richiama i suoi fedeli alla sobrietà, cioè a quella autodisciplina, caratteristica degli atleti come pure dei filosofi, che in modi e fini diversi intendevano raggiungere l’apice delle possibilità umane nel campo fisico e intellettuale.

Anche il cristiano viene invitato all’impegno totale per Gesù Cristo, sia personalmente, sia comunitariamente, perché tutta la persona singola e in gruppo venga salvata.

Le metafore attinte dall’atletica, dal combattimento e dalle diatribe filosofiche sono costanti in San Paolo, perché i cristiani abbiano davanti degli esempi concreti e verificabili di crescita umana e spirituale dedicandosi alla diffusione del Vangelo all’interno e all’esterno della propria comunità alla luce del giorno:

“Noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, di notte si ubriacano. Noi invece, che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza” (1Tessalonicesi 5,5-8).

Capiamo subito dal testo che non è solo questione di moralità, ma di comportamento complessivo dell’uomo e del cristiano, visto nella famiglia come nella società del tempo, bisognosa di esempi prima ancora che di sola predicazione orale.

Un discorso del genere vale anche oggi, tenendo certo conto delle mutate circostanze, ma anche dei bisogni fondamentali dell’uomo che non sono molto diversi.

Sicuramente anche oggi San Paolo ha molto da suggerire a donne e uomini del nostro tempo che, pur avendo molte opportunità tecnologiche, soffrono di vuoto interiore, e il vecchio consiglio dell’autodisciplina (in greco encràteia) potrebbe giovare non solo agli atleti o agli sportivi in genere, compresi i tifosi, ma ancor più a chi vuole impegnarsi seriamente nello studio o nel cammino spirituale.

In questi casi, il patronato di San Paolo per tutti gli sportivi sarebbe più quello di una guida e di un maestro di vita per conseguire un risultato, che quello di un praticante dello sport. Infatti come giudeo certamente San Paolo non praticò direttamente uno sport, ma era certamente bene informato sulla vita degli sportivi e sul loro impegno per un risultato vittorioso. Forse il suo mestiere di fabbricante di tende a Corinto lo avvicinò agli atleti dei giochi istmici, ma questa è solo una ipotesi non suffragata da documenti. Certamente San Paolo fu un grande camminatore per diffondere il Vangelo di Gesù Cristo e i suoi viaggi per terra e per mare lo confermano.

Ai giovani di oggi, ragazze e ragazzi, i testi di San Paolo avrebbero tanto da indicare per la loro vita sportiva, e ancor più per la vita di studio e di cammino umano e spirituale. Ma come attirare la gioventù alla forte e intensa lettura di San Paolo? Una consacrazione apposita a favore degli sportivi la potrebbe favorire. Dichiarare oggi San Paolo patrono di tutti gli sportivi non sarebbe affatto una stranezza, anzi sarebbe un incentivo per la riscoperta che la Scrittura ha una Parola anche per questa grande attività ricreativa dell’umanità.

P. Marcello Lauritano, ssp