La conversione di Paolo [1]

Quale Dio serviamo e annunciamo?

Incontro tenuto nella Comunità Paolina “Primo Maestro” di Roma, in occasione della festa della Conversione di san Paolo, da don Francesco Cosentino – Docente di Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana e Officiale presso la Segreteria di Stato Vaticana. [PRIMA PARTE]

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L’incontro con Gesù cambia la vita

A contatto con la storia di Paolo e della sua conversione, seguendo la passionale e appassionata vicenda di questo intrepido apostolo del Vangelo, abbiamo conferma, una volta di più, di cosa sia davvero la nostra fede: “il cristianesimo non è una teoria arida o astratta, bensì un modo di vivere e di dare forma alla propria esistenza” (1). Possiamo dire che la fede ci consegna a un nuovo modo di vivere la nostra vita perché ci dona occhi nuovi, ci fa vedere con lo sguardo di Cristo; e mentre la nostra visuale è sempre limitata, parziale, talvolta offuscata, molte altre volte condizionata e falsata da proiezioni e illusioni, accogliendo Cristo la nostra vista viene liberata: anche a noi, come a Paolo, cadono le squame dagli occhi e finalmente vediamo. Michael Paul Gallagher ha per me una delle più belle affermazioni sulla fede: essa, affermava il teologo gesuita, “è un modo che Dio ci ha dato per immaginare la nostra esistenza” (2).

A Paolo è successo questo e la bellezza e la profondità delle sue Lettere possono essere situate in questo orizzonte: non sono più io, è Cristo. L’inizio e il fondamento non sono nella mia forza, ma nella potenza di Dio che si manifesta nella mia debolezza; non è la legge che salva, perché io possa vantarmi delle mie opere, ma è la grazia dell’amore di Dio che mi viene incontro e trasforma la mia vita. Per questo, possiamo dire, all’inizio del nostro essere cristiani c’è la conversione: l’incontro con Gesù che mi cambia la vita.

Questa è l’esperienza di Paolo: egli usa un verbo greco potente quando racconta la conversione ai Filippesi, katelémften, che significa “fui afferrato, fui conquistato” da Cristo (Filippesi 3,12). Cristo mi ha folgorato, mi ha trasformato.

Questo ci aiuta a superare diversi problemi che abbiamo con la parola “conversione”, interpretandola spesso dentro una cornice moralista e ascetica, come uno sforzo personale ed eroico per essere migliori, una penitenza, un giudizio negativo sulla nostra vita che, per questo, ha bisogno di cambiare. Invece la conversione, che nel Vangelo significa letteralmente cambiare mentalità, cambiare modo di pensare e quindi “cambiare sguardo”, è primariamente un’azione di Dio: è essere afferrati, presi, conquistati da Lui che trasforma il nostro modo di vedere, di sentire, di essere, di amare.

Una parola per “tradurre” il termine conversione, è trasformazione. La conversione è essere trasformati dall’amore di Dio che mi conquista, mi afferra, sovverte i miei schemi, rompe le mie prigioni, ribalta le mie comodità, mi rende una persona nuova non tanto per cambiamenti improvvisi o eclatanti, ma proprio cambiando lentamente e gradualmente il mio sguardo.

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(1) J. Knop, La fede cattolica. Una breve introduzione, Queriniana, Brescia 2022, 5.

(2) M. P. Gallagher, La poesia umana della fede, Cinisello Balsamo, Milano, 2004, 14.