Una preghiera rivolta a Dio

Padre nostro che sei nei cieli: è l’apertura del nostro contatto con Dio, nella preghiera. Ma sono anche parole che spesso pronunciamo in modo affrettato e senza pensare al loro significato. Diciamo “Padre”, ma senza dargli alcun peso. Per non parlare di “nostro”, che appena pronunciato ci è già uscito dalla mente. Eppure sono parole non solo importanti, ma anche cariche di sentimento. Danno valore alle nostre relazioni principali.

Cerchiamo allora di comprendere il significato di questa preghiera in modo da dirla consapevolmente. Proviamo a farlo subito, lentamente, per assaporare e gustare tutta la ricchezza di ogni singola parola.

A questo punto diventa importante chiederci: a chi ci stiamo rivolgendo? La risposta è subito pronta: a Dio. Certo, ma chi è Dio per noi? Dando libero sfogo alla nostra fantasia e alle nostre convinzioni potremmo fare una raccolta di come ognuno si immagina Dio. Tante immagini, tanti volti differenti di Dio. Qual è quello vero?

Può essere utile leggere il brano del Primo Libro dei Re (19,11-13), quando il profeta Elia va alla ricerca di Dio. Vento impetuoso, terremoto, fuoco: ma lì Dio non c’è. Poi, il sussurro di una brezza leggera (il testo ebraico dice: il suono, la voce di un sottile silenzio), ed Elia si prostra in adorazione. Lì c’è Dio.

Dio è, sì, una voce, ma che ha il suo vertice non nel clamore, ma nel silenzio, nel mistero. Eppure, questo Dio silenzioso non è muto, è attivo e il profeta in quel silenzio ritroverà la sorgente della vera parola che salva.

Chi è Dio, allora? Gesù, alla donna della Samaria, dice: «Dio è spirito» (Giovanni 4,5-42). In ebraico il termine “spirito” indica il respiro, ciò che mi permette di sentirmi vivo. Applicato a Dio, è dire che Dio è energia e si manifesta attraverso la comunicazione della vita e soprattutto attraverso l’amore. È la definizione che viene data nel Nuovo Testamento: «Dio è amore» (1 Giovanni 4,8). E «in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio ma è lui che ha amato noi» (1 Giovanni 4,10).

Tutta la Bibbia non fa che narrare l’amore di Dio. E quando questo amore si dispiega nel tempo, abbiamo la storia della salvezza. Inizia con la creazione. Noi non ci badiamo: ma Dio ci ha creati perché ci amava, voleva realizzare un dialogo di amore con le sue creature. C’è poi la rivelazione, nella Bibbia, dove Dio ci parla del suo amore. La tappa culminante è l’incarnazione: Dio vuole mostrare concretamente il suo amore ed entra nella storia umana mediante la persona di Gesù Cristo. Ma c’è di più: «A quanti lo hanno accolto, [Gesù] ha dato potere di diventare figli di Dio» (Giovanni 1,12). Questo amore non è solo un sentimento di Dio per noi. È molto di più. Noi diventiamo «partecipi della natura divina» (2 Pietro 1,4), cioè partecipi dell’amore divino. Dio che ci ama: a lui ci rivolgiamo con la preghiera del Padre nostro.

[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 8 – continua]