Il segreto contenuto nel Padre nostro
Il Padre nostro, nascosto tra le righe della sua formulazione, contiene un segreto. Lo scopriamo partendo dal numero delle invocazioni che noi rivolgiamo a Dio: sono sei. Numero che, nella Bibbia e nell’ebraismo, rimanda al sesto giorno, la parasceve (giorno antecedente) del sabato: il venerdì. Nella storia di Gesù, il sesto giorno per eccellenza è il venerdì santo. Giorno in cui avvengono gli eventi fondamentali della nostra salvezza. E il Padre nostro ne fa memoria. Vediamo nei particolari.
Sia santificato il tuo nome. Il nome di Dio viene santificato staccandosi dal male, aderendo e somigliando a lui: «Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo» (Levitico 19,2). A tale scopo era importante il perdono che JHWH, una volta all’anno, accordava durante lo Yom Kippur, quando veniva pronunciato il suo nome. Quel giorno, secondo il Calendario delle Settimane, cadeva di venerdì. Gesù va oltre: durante il venerdì santo manifesta la santità del nome di Dio e mostra fino a che punto può giungere il suo amore – lasciandosi crocifiggere – affinché tutti siano salvi.
Venga il tuo regno. Gesù «viaggiava di città in città e di villaggio in villaggio, predicando… la buona notizia del regno di Dio» (Luca 8,1); «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Marco 1,15). Il regno di Dio che Gesù annuncia si fa vicino a noi nella sua stessa vita: è lui il regno di Dio in persona, l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Lo si vede in particolare sulla croce, il venerdì santo. «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Luca 23,42), gli dice uno dei malfattori crocifissi con lui. Quel «Ricordati di me» nell’Antico Testamento era unicamente rivolto a Dio. Il malfattore riconosce a Gesù i poteri e la regalità di Dio. «Oggi con me sarai nel paradiso» (Luca 23,42), gli dice Gesù. Quel “sarai con me” Gesù lo dice anche a noi. Cristo realizza il Regno di Dio spalancando le porte a chi si affida a Lui e lo riconosce come Re e Signore.
Sia fatta la tua volontà. Nel monte degli ulivi, il venerdì santo, Gesù prega più volte: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà» (Matteo 26,42). Gesù fa sua la volontà di Dio, nel portare avanti, senza cedimenti o compromessi, la missione di svelare il volto del Padre, che vuole tutti salvi.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Il riferimento è al pane di domani, la “manna del sabato”, il pane che dura e che dà la vita, chiesto quindi di venerdì. Questo pane, nell’ultima cena, è l’eucaristia istituita da Gesù: «Prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (Marco 22,19). Ultima cena che noi ricordiamo il giovedì santo, ma nel computo ebraico la sera del giovedì è già venerdì.
Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. L’espiazione sulla croce, il sacrificio di Cristo richiamano lo Yom Kippur e l’inizio dell’anno giubilare, che nel Calendario delle Settimane, il calendario sacerdotale conosciuto anche a Gerusalemme, è un sesto giorno della settimana: venerdì. Come giorno era importantissimo. Il Dio di Israele rimetteva i debiti di coloro che, a loro volta, rimettevano i debiti degli altri. Nell’ultima cena, all’inizio del venerdì, Gesù «prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati» (Matteo 26,27-28). E lo conferma sulla croce: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34). Il sangue di Cristo per il perdono dell’umanità.
Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Gesù, «dopo aver digiunato 40 giorni e 40 notti, alla fine ebbe fame» (Matteo 4,2). A quel punto viene tentato dal diavolo. Siamo dunque nel 41.mo giorno. Considerando la settimana ebraica, con il sabato come settimo giorno, il 42.mo giorno è sabato. Di conseguenza, il giorno prima, quando avvengono le tentazioni, è venerdì. Tentazioni che ritroviamo il venerdì santo ai piedi della croce, dove gli oppositori di Gesù insistono nel dire «se tu sei il figlio di Dio…» (Matteo 27,40). Poco prima, nel monte degli Ulivi, Gesù aveva pregato: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!» (Matteo 26,39), ma affidandosi in tutto alla volontà del Padre.
Tutte le richieste del Padre nostro ruotano intorno al racconto di quel venerdì santo che inizia con l’ultima cena e si conclude con la morte in croce e la sepoltura di Gesù. Il Padre nostro diventa così la preghiera del venerdì santo di Gesù. E ci fa scoprire il rapporto di Gesù con l’Abbà, il Padre, Dio di Israele. Ma in quel venerdì santo ricordiamo il dono totale di Dio per noi, per la nostra salvezza e la conferma di essere sempre suoi figli. E Gesù ha insegnato questa sua preghiera e il suo modo di pregare ai discepoli. Lo ha fatto perché riteneva fondamentale che sperimentassero la bellezza della relazione con JHWH, il Padre nostro.
[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 44 – continua]
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