La vocazione paolina nel pensiero di don Giacomo Alberione [1]

Il tema vocazionale è stato sempre molto vivo nella vita di don Alberione. Ne abbiamo traccia già nel racconto che fa, in terza persona, nella Abundantes divitae gratiae suae, della notte di illuminazione carismatica.

«La notte che divise il secolo scorso dal corrente fu decisiva per la specifica missione e spirito particolare in cui sarebbe nato e vissuto il suo futuro Apostolato. Si fece l’adorazione solenne continuata in Duomo (Alba), dopo la Messa solenne di mezzanotte, innanzi a Gesù esposto. […] Vi era stato poco prima un congresso (il primo cui assisteva), aveva capito bene il discorso calmo ma profondo ed avvincente del Toniolo. Aveva letto l’invito di Leone XIII a pregare per il secolo che incominciava. L’uno e l’altro parlavano delle necessità della Chiesa, dei nuovi mezzi del male, del dovere di opporre stampa a stampa, organizzazione ad organizzazione, delle necessità di far penetrare il Vangelo nelle masse, delle questioni sociali… Una particolare luce venne dall’Ostia santa, maggior comprensione dell’invito di Gesù “venite ad me omnes” (Matteo 11,28); gli parve di comprendere il cuore del grande Papa, gli inviti della Chiesa, la missione vera del Sacerdote. Gli parve chiaro quanto diceva Toniolo sul dovere di essere gli Apostoli di oggi, adoperando i mezzi sfruttati dagli avversari. Si sentì profondamente obbligato a prepararsi a far qualcosa per il Signore e gli uomini del nuovo secolo con cui sarebbe vissuto. […] Vagando con la mente nel futuro gli pareva che nel nuovo secolo anime generose avrebbero sentito quanto egli sentiva. […] La preghiera durò quattro ore dopo la Messa solenne: che il secolo nascesse in Cristo-Eucaristia, che nuovi apostoli risanassero le leggi, la scuola, la letteratura, la stampa, i costumi; che la Chiesa avesse un nuovo slancio missionario, che fossero bene usati i nuovi mezzi di apostolato […] La necessità di una nuova schiera di apostoli gli si fissarono così nella mente e nel cuore, che poi ne dominarono sempre i pensieri, la preghiera, il lavoro interiore, le aspirazioni. Si sentì obbligato a servire la Chiesa, gli uomini del nuovo secolo e operare con altri, in organizzazione».

Giovane sacerdote, don Alberione dà il suo contributo all’animazione vocazionale, tenendo conferenze e predicando ritiri spirituali. Nel ministero pastorale, incontrando i ragazzi, se scopriva in loro dei segni che facevano intravedere una possibile vocazione religiosa o sacerdotale, non esitava a far balenare ai loro occhi tale prospettiva e invitare a rispondere alla chiamata del Signore.

Quando, dopo tanta preghiera e ispirato da Dio, dà inizio ai vari Istituti che compongono la Famiglia Paolina, il suo interessamento per le vocazioni aumenta, nella consapevolezza che “le opere di Dio si fanno con gli uomini di Dio” (San Paolo, luglio-agosto 1964). Così, prima di acquistare edifici o di provvedere strumenti per l’apostolato, si preoccupa di individuare coloro che il Maestro Divino chiama alla nuova missione e di prepararli ad essa, seguendo in questo l’esempio di Gesù, il quale prima di intraprendere il ministero pubblico raccolse attorno a sé coloro che ne avrebbero dovuto continuare la missione. Tanta è l’importanza che don Alberione dà all’annuncio vocazione, che una delle Congregazioni da lui fondate, le Suore Apostoline, ha come missione specifica l’apostolato vocazionale.

Il tema vocazionale rimane una costante nella predicazione e negli scritti di don Alberione rivolti ai suoi figli e figlie. Chi lo ascoltava, ma anche oggi chi legge questi testi, aveva la percezione di ricevere un trattato esauriente sulla vocazione.

Nei suoi Taccuini (durante gli esercizi spirituali del 1966), percependosi quasi al termine del suo viaggio terreno, scrive il testo “in fine della mia vita”. Ha un solo desiderio: che si compia in pienezza quanto Dio ha pensato e voluto per lui, nel chiamarlo alla vita e nell’affidargli una vocazione tanto grande.

«In fine della mia vita, tutto “a gloria di Dio e pace agli uomini”. “Sia fatta la volontà di Dio come in cielo così in terra”. Si compiano tutti i disegni e voleri di Dio, creandomi e [donandomi] la grazia, secondo la vocazione. Gesù, conosci le mie incorrispondenze e peccati ma tutto a gloria di Dio; vivendo non vivo, ma vive in me Gesù Cristo Via e Verità e Vita: secondo San Paolo. Signore misericordioso, concedi che tutta la Famiglia paolina cresca in persone e santità, viva ed operi nelle vie segnate da Gesù Maestro, secondo la voce della Chiesa, determinata nelle Costituzioni paoline».