DON GIACOMO ALBERIONE [18]: intervista impossibile

Un’intervista impossibile. Proprio così. Non è facile avere un appuntamento con don Giacomo Alberione. Non gli piace parlare di sé. Strano, vero? L’apostolo della comunicazione…

Ma alla fine qualcosa ho portato a casa.

Sono davanti alla porta del suo ufficio. Busso. Lui stesso mi viene ad aprire. Se non lo conoscessi, rimarrei interdetto.

Don Alberione è uno degli uomini di Chiesa del secolo scorso più dotati di carismi. Personalità poliedrica. Unisce l’austerità del tratto all’apertura verso ogni modernità; la rigida riservatezza all’audacia dell’imprenditore; lo spirito contemplativo e orante alla frenesia del propagandista; la tenacia del ricercatore all’arditezza dell’architetto.

Ci si potrebbe immaginare una persona dal fisico imponente. E invece ci si trova davanti a un uomo esile, gracile, con le mani unite sul petto, il capo leggermente inclinato.

Mi colpisce sempre il suo sguardo penetrante. E il sorriso, appena accennato, che mette a proprio agio. Devo riconoscere che ha un suo fascino.

Mi fa accomodare. L’ufficio è essenziale nell’arredamento. Don Alberione si siede dietro la scrivania dove campeggia un mappamondo. E, come se non bastasse, dietro di lui, c’è nella parete un planisfero dove, con vari spilli cartografici, vengono evidenziate alcune città nelle più differenti nazioni.

Don Alberione, ma come fa a piacerle la geografia?

È così dai tempi della scuola… Non è bello visitare e conoscere tanti posti nuovi, immergersi nella storia, nell’arte, nella cultura dei popoli? Ma io vado oltre. Mi piacciono le persone, lo sai, dovunque si trovino. E vorrei che tutti avessero la possibilità di conoscere Gesù e il suo Vangelo. Il mappamondo mi ricorda i luoghi, anzi tutti gli uomini e le donne a cui far giungere la Buona Notizia: Dio ci ama tutti.

… E nel planisfero segno invece i luoghi della presenza cristiana.

Vedi, nel mondo ci sono oggi circa 7 miliardi e trecento milioni di persone. I cristiani sono oltre due miliardi; di questi, i cattolici sono un miliardo e duecentotrenta milioni. E tutti gli altri? Anche loro devono sapere che Dio li ama! Cinque miliardi di persone… Soprattutto qui, e qui, e qui…

Noi paolini siamo presenti in 64 nazioni. Troppo poco. Sento, io sento questa responsabilità. (Con la mano indica vari punti nel mappamondo).

Come le è nata questa passione per i popoli?

Da bambino ero un sognatore… Sì, credo che questa sia l’espressione giusta. Ma soprattutto ero attratto da tutto quello che sa di nuovo o che viene detto in modo nuovo, più originale e incisivo.

Sì, andare a scuola mi piaceva!

Era un secchione, allora!?

Se vuoi. Mi piaceva in particolare la storia e mi entusiasmavano le figure dei dominatori, tutti quei personaggi che hanno avuto ruoli di guida, che hanno compiuto grandi imprese…

Infatti, anche lei non scherzava. Una personalità decisa. Ma… anche Hitler ebbe un ruolo di guida…

Lo so eccome. Avevo 50 anni quando iniziò la sua ascesa, e l’Europa tremava. No, non quel genere di … “guide”. Pensa piuttosto a un cavaliere. Ecco: palpitava in me un don Chisciotte di Dio; sognavo di essere un eroe capace di servirlo con una serie ininterrotta di imprese audaci e temerarie, confidando nella luce e nel coraggio che mi veniva dal tabernacolo. Ero affascinato anche dalle missioni.

È così insomma che è nata la sua vocazione? Come una smania di grandi imprese?

No, questi sogni di ragazzo sono stati solo il terreno favorevole in cui Dio ha fatto … piovere la sua chiamata. Solo col tempo ho capito cosa ero io veramente e cosa Dio voleva da me. E io ho lasciato fare a Lui.

Un carattere deciso. E una infinita docilità… “Don Alberione, quello sì che è un grande uomo!”. Lo sa chi lo ha detto?

Ti pare? Papa Giovanni!

E Papa Paolo VI: “È un uomo che annovero tra le meraviglie del nostro secolo!” …

“Inter mirifica”. Tra le meraviglie del nostro tempo!

(Don Alberione si fa serio) … Ma non parlavano di me, piuttosto di quanto Dio ha fatto attraverso di me. Ho sempre sentito la gravità della missione, ecco. Se il Signore avesse trovato persona più indegna e incapace l’avrebbe preferita. Dio è stato l’artista che ha posato il suo sguardo d’amore su di me e si è degnato di farmi suo strumento… come un piccolo pennello da quattro soldi, ignaro dell’opera da realizzare, ma disposto solamente ad essere docile nelle mani dell’artista.

Secondo lei, consiste sempre e comunque in questa docilità… la vocazione? Qualsiasi vocazione?

La vocazione sta riassunta in due momenti del Vangelo: “Venite a me tutti”, “Andate e ammaestrate tutte le genti”.

don Alberione. A qualcuno potrebbero davvero tremare le gambe. Io sono sacerdote come lei. Anzi… grazie a lei. Ma risentire dalla sua voce questi due inviti di Gesù…

E perché mai a qualcuno dovrebbero tremare le gambe? La “chiamata” non è mai fine a se stessa. Ha uno scopo. Siamo chiamati per annunciare, per testimoniare, e rendere lode a Dio per le meraviglie che compie, in noi e attraverso di noi.

Le pare facile. Lei si è affacciato su quel principio di ventesimo secolo… quando tutto prometteva meraviglie, tutto sapeva di progresso. Oggi, invece… Lei forse non sa…

Credi? Il mondo ha smarrito il senso di Dio…Oggi, esattamente come un secolo fa. Tutto quell’anticlericalismo… E oggi tutto questo materialismo, questo relativismo. Credi che non sappia? E allora come fare per fare arrivare a tutti la certezza che Dio li ama? Proprio attraverso quello stesso progresso che rischia di far dimenticare Dio. Il nostro tempo ha creato straordinari mezzi di comunicazione… che diventano ogni giorno più stupefacenti.

(ride) Pensi che non sappia di Internet, io? (…)

E allora perché non utilizzare proprio tutti questi mezzi per dare voce al Vangelo?

Ai suoi tempi questa fu… una grande intuizione a una ancora più grande rivoluzione, certo: il Vangelo non veniva più proclamato solo nel silenzio ovattato delle chiese, ma diffuso grazie al fragore delle rotative e ai bagliori delle immagini in movimento…

Ma io ho solo recuperato il compito originario! Se fosse vivo oggi, Paolo di Tarso continuerebbe ad ardere di entusiasmo per Dio e Gesù Cristo, e per farsi sentire dagli uomini di ogni paese, salirebbe sui pulpiti più alti e moltiplicherebbe la Parola di Dio con i mezzi oggi disponibili…

Oggi, appunto. Oggi tutti parlano. Anzi alzano la voce. Gridano. Sempre di più, sempre di più….

(don Alberione si infervora) Per questo c’è sempre più bisogno di apostoli della comunicazione, andando là dove è l’uomo, con i suoi interessi, i suoi problemi, le sue aspirazioni, le sue tante, troppe parole. Per questo ci vogliono anime che amino davvero il Signore, che brucino di amore di Dio… anime generose che fra tante, troppe parole, fanno della Parola di Dio il libro centrale della loro vita, che leggono, che portano e lo fanno arrivare. Persone consacrate, perché le opere di Dio si fanno con gli uomini di Dio. Ma non per urlare più forte. Semmai per arrivare più a fondo.

infatti questa intuizione la colse in un grande silenzio, vero?

Sì. Quel gran silenzio dell’adorazione notturna, nel Duomo di Alba…

Ma non era una notte qualsiasi!

Era il secondo capodanno del nuovo secolo, certo. Lì il silenzio, e altrove i canti, i suoni, le luci, gli scoppi. La notte fra il 31 dicembre 1900 e il 1° gennaio 1901. Io trascorsi quel capodanno semplicemente contemplando Gesù. Ascoltando la sua voce nel silenzio. In una pausa di silenzio del grande entusiasmo per il progresso, le scoperte, per le nuove idee che seducevano tutti, specialmente noi ragazzi, per il nuovo secolo. Un secolo che si annunciava nel fragore e che per me si schiuse proprio in quel silenzio…

Una sola intuizione da cui, nel corso degli anni, è potuta sorgere e ampliarsi la Famiglia Paolina?

Il Signore mi ha dato come Parrocchia il mondo, ma mica potevo fare tutto da solo. E la sola tecnologia non basta. Ed ecco allora uno stuolo di uomini e di donne impegnati, con me, nell’unica missione di portare il Vangelo a tutti. Per questo era importante avere persone inserite negli ambiti specifici della società.

Oggi viviamo e siamo immersi nel mondo e nella cultura della comunicazione: ed ecco i Paolini e le Paoline, apostoli con gli strumenti della comunicazione. Va mantenuto e ricordato il legame con Dio: le Pie Discepole intervengono con la preghiera incessante e nel far conoscere la bellezza della liturgia. Nel territorio sono le Parrocchie ad essere il luogo della evangelizzazione: le Pastorelle e i preti dell’Istituto Gesù Sacerdote sono in prima linea su questo fronte. In tanti poi sono alla ricerca di un orientamento nella propria vita: le Apostoline danno il loro apporto nella scoperta della vocazione. Anche il mondo del lavoro ha bisogno di apostoli: i Gabrielini e le Annunziatine danno qui la loro testimonianza cristiana. Non bisogna dimenticare la famiglia, nucleo portante della società: le coppie dell’Istituto Santa Famiglia vivono all’insegna del Vangelo il loro amore e il loro compito di genitori. E non dobbiamo dimenticare i Cooperatori Paolini, con il loro contributo di azione e di preghiera nell’unica missione portare il Vangelo a tutti. Ognuno di questi Istituti ha come sua identità la comunicazione.

E non ho ragione io a dire… che a qualcuno tremano le gambe…?

Certo, perché tutto questo non si improvvisa… Il nostro è un apostolato che richiede scienza. Prima la scienza comune, poi la scienza dei mezzi di comunicazione. Questa è la base. Ma il Signore ci chiede, in più, che ad usare questi mezzi ci sia un gruppo di santi.

Santi? Ora a qualcuno non tremeranno solo le gambe…

Ascolta. Scrivere cristianamente, ad esempio, è possibile ad ogni scrittore cristiano. Ma l’apostolo – e questo è il nostro compito – deve spingersi più avanti. Ha la sua missione specifica: estendere nel tempo e nello spazio l’opera di Dio. Una vera missione di salvezza che all’errore oppone la verità, all’ignoranza oppone l’istruzione, a giornale giornale, a film film, a radio radio, ad organizzazione organizzazione.

Ma lei non si sentì mai inadeguato?

Abbiamo l’opportunità degli strumenti della comunicazione. Li dobbiamo considerare come un sacramento, “segni efficaci della Grazia”: Dio in comunicazione con gli uomini. Per noi gli strumenti di comunicazione sono pulpiti, le sale come chiese, gli operatori i predicatori; ecco il senso nuovo, inusitato, che prendono le cose.

Quando ho deciso di farmi paolino, lo sapevo che avrei dovuto studiare tutta la vita… Ma non le nascondo che…

Bravo. Studia. Per questo non bisogna mai scoraggiarsi. Accanto alla potenza di questi mezzi e accanto alla potenza di quelli che fanno meglio di noi e magari al servizio del male, non dobbiamo dimenticare che c’è la potenza di Dio, che guida appunto il nostro sforzo, il nostro studio.

Anche Davide è andato a combattere Golia, e le armi fra i due erano davvero sproporzionate! Golia era armato da capo ai piedi, Davide possedeva solo una fionda con cinque sassi. “Tu vieni a me con la potenza delle tue armi – dice Davide -.

“…Io vengo a te invece nel nome del Signore”.

E chi ha vinto?

Il piccolo Davide. Avranno tremato le gambe anche a lui?

Certo, ma appunto aveva con sé la potenza di Dio! (…)

Non importa se siamo ancora piccoli.

A volte però l’impegno è davvero duro. Per esempio, lei un giorno ha dichiarato che un giovane che ha letto un romanzo non potrà mai imparare bene la teologia. Perché?

Non mi avrete mica preso alla lettera? Da ragazzo io sono arrivato a leggere anche sessanta libri in due mesi, e la maggioranza …indovina cos’erano?

Romanzi!

Già! Storie che conducono facilmente a sognare felicità, grandezza e amore. Il rischio è dimenticare la vera felicità che è Dio, la sua chiamata. Il tempo dedicato ai romanzi è tempo tolto al vero amore, Dio, alla conoscenza di Lui. E quando lo si incontra, ci si accorge che tutto il resto non conta.

Tuttavia, un buon romanzo che mi conduce a pensare a Dio, beh, mi piace molto sfogliarlo

Oggi i ragazzi rischiano di essere distratti altro che dai romanzi. Non pensa che la sua rivoluzione, che la nostra proposta, sia ormai un po’ … datata?

Non so. Io ho viaggiato con le “quattro ruote”.

Una 4×4 d’autore? Do anything, Go anywhere. Quello che vuoi, dove vuoi, quando vuoi.

In un certo senso, sì! Ma le quattro ruote di cui parlo io sono quattro realtà necessarie per svolgere l’apostolato. E queste non cambiano mai. Nessuna è più importante dell’altra, ma ognuna è indispensabile perché le altre funzionino. La pietà (la santità), lo studio, l’apostolato, la povertà: questa è la 4×4 su cui viene portato il Vangelo alle genti e su cui noi dobbiamo stare per comunicare il Vangelo alle persone. Se tralasciamo una ruota, o non si procede o si va verso il precipizio. Vale sempre

Povertà, ecco… spieghi bene questo. A volte è impossibile conciliarla con l’esigenza di quei grandi investimenti che i mezzi di comunicazione richiedono.

Non fraintendiamoci. La povertà religiosa è avere Dio come bene infinito, attaccarci a lui. E usare tutte le cose per amarlo e far conoscere il suo amore.

La povertà, perciò, non si fissa sull’economia, ma sull’attività delle persone. Il primo e più importante esercizio della povertà, per noi paolini, consiste nel produrre. Per il Signore e per tutti i nostri fratelli…

Qualche volta mi è capitato di persone che mi confidavano di aver chiesto al Signore sofferenze per riparare il male che c’è nel mondo, sofferenze da sopportare per il bene dell’umanità… Non va bene! Questa è pigrizia! Non bisogna pregare “voglio offrirmi vittima!”. Se vuoi offrirti vittima, mettiti piuttosto a lavorare!

Immagini molto efficaci, don Alberione, complimenti!

Comunque la 4×4 da sola mica basta, né? Rappresenta tutto quello che noi, con tanti limiti, possiamo fare. Ma serve anche un buon carburante.

Suggerimenti?

Il “Segreto di Riuscita”, il Patto con Dio.

Ne so qualcosa. Ma lo vuole spiegare direttamente con le sue illuminate parole?

Noi ci impegniamo a fare tutto quello che è nelle nostre possibilità, e Dio si impegna a … colmare le nostre lacune…

Inizialmente chiedevo al Signore di farci imparare il quattro per uno, darci in santità il dieci per uno, in abilità di lavoro il cinque per uno, in beni materiali il sei per uno. Oggi le cose si sono fatte più complesse, e le necessità sono maggiori. Ed è necessario un nuovo patto: chiedo che ogni ora di studio renda il cento per uno, che il lavoro spirituale renda il centomila per uno, che ogni apostolato produca il mille per uno, che l’utile di povertà renda il cento per uno, in modo da moltiplicare le iniziative…

Infatti noi paolini siamo sempre infaticabili. E lei, in quanto fondatore, è necessariamente la nostra prima figura di riferimento, me lo concede?

Io? Assolutamente no! Conosco la mia povertà, le mie lacune. È Dio che fa tutto. Ecco allora i riferimenti veri.

Prima di tutto, Gesù Maestro. Studiare, imitare, seguire Gesù Cristo in quanto è Via Verità e Vita… È la nostra identità: essere o non essere paolini. Non si discute. Un Gesù che è in cammino, che vuole arrivare a tutti. E ci chiede di seguirlo.

Poi c’è la Madonna, Maria, Regina degli Apostoli. Ma non una Madonna che stringe a sé il bambino, quasi gelosa che altri lo abbiano. Maria, Regina degli Apostoli, presenta agli uomini Gesù. E l’apostolato è proprio questo: portare nel mondo Cristo.

E poi San Paolo, il Dottore delle Genti, il Predicatore della verità in tutto il mondo. Lui che del Vangelo è stato costituito araldo, apostolo, maestro, ci dice come si esercita l’apostolato della parola… Un apostolo grande, perché ha saputo ricopiare nella sua vita il Divino Maestro Via Verità e Vita…

Per questo, figlio mio, per me amare Dio è azione, iniziativa, audacia, rischio e rinnegamento di sé fino al sacrificio cruento, se serve. È come il prode che sogna imprese sempre più mirabolanti e rischiose da offrire alla dama del cuore.

Un cuore che ha trovato Dio, crede in lui, lo annuncia!

Mi preoccupano molto i cambiamenti radicali che sono avvenuti negli ultimi decenni anche e soprattutto nel modo di comunicare. Le chiedo scusa don Alberione, ma non posso non guardarmi attorno: smartphone, tablet, iPhone…

Io, anzi noi paolini, abbiamo iniziato con un “pulpito di carta”. Poi si sono aggiunti il cinema, la radio, la televisione… Oggi il pulpito di carta è un pulpito che ha bisogno di “navigare” nel vasto mare di Internet e delle reti telematiche, nei piccoli schermi portatili… Vi vedo, eccome se vi vedo, sempre con quelle tavolette luminose e colorate davanti agli occhi…

Ma Gesù ci ha insegnato a non aspettare le persone, bensì ad andare verso di loro. Come il Maestro, l’apostolo deve propagare la divina parola nelle città, nei paesi, nelle case, anche le più remote. E anche nelle solitudini dei piccoli schermi portatili così colorati.

Compressa lì dentro la Buona Notizia non starà un po’ stretta?

… Vuoi scherzare? La Buona Notizia trova sempre spazio.

La missione è… qualcosa “per”. Non è solo aderire a Cristo Via Verità e Vita: tutti i cristiani devono farlo. L’apostolato consiste nell’essere… per… dare, nell’essere Cristo oggi… per… comunicarlo all’uomo d’oggi.

Ma l’uomo di oggi diventa sempre più rapidamente … l’uomo di domani. E noi apostoli siamo così spesso in affanno. Ha qualche suggerimento per star dietro al progresso sempre più veloce?

Protenderci in avanti ogni giorno, mai fermarsi, né nel cammino della santità, né nel lavoro di apostolato. Avanti! Protendersi sempre avanti!

Noi non possiamo, né dobbiamo, rimanere prigionieri del passato. I tempi camminano, ed è inutile dire: “una volta questo non c’era, non si faceva così…”.

La nostra missione è condurre le anime al Paradiso. E dobbiamo condurre non quelle vissute dieci secoli or sono, ma quelle che vivono oggi. Dobbiamo prendere il mondo e gli uomini come sono oggi, per fare “oggi” del bene!

Per questo è necessario cercare i migliori mezzi per la produzione del libro, del periodico, del film, ecc. Il progresso in questo campo è rapido. Nel 1954 si dicevano invecchiati gli strumenti di dieci anni prima; nel 1974 erano invecchiati quelli del 1954. Oggi diciamo: “Quelli là che cosa usavano!”. Dobbiamo vivere col progresso, pensando alle anime!

Insomma vuole dirmi che lei oggi NON Avrebbe paura?

Ah sì, tu ti preoccupi sempre di quelli a cui tremano le gambe…

Vedi, il nostro essere inviati nel mondo mi ricorda l’esperienza del profeta Giona. Siamo inviati nella Ninive di un mondo tecnologico e secolarizzato… Dio sembra assente. Sono tutti abitanti di Ninive, distratti e svogliati: non sembrano avere bisogno dei nostri insegnamenti, della nostra predicazione o delle nostre risposte.

Eccome se lo so. Ed ecco la tentazione di fuggire a “Tarsis” …

Però, come per Giona, Dio ci spinge ad andare più in là del conosciuto, verso i deserti, le periferie e le frontiere, dove i suoi figli vivono un rumore assordante che attende una Parola. Ninive è il luogo, e non Tarsis. Solo a Ninive l’apostolo, il profeta, scoprirà la gioia del dono e della comunione.

Per salutarci, don Alberione, in una parola può riassumere la sua vocazione?

Ho consacrato e consacro tutto me stesso a Dio. TUTTO: ecco la grande parola.

La nostra santità e il nostro apostolato dipendono da questo TUTTO!

Santità… Paradiso! Santità: essere di Cristo, vivere per lui! Paradiso: essere con Cristo, per sempre.

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Intervista andata in onda alla Radio Vaticana il giorno 8 gennaio 2015: http://www.archivioradiovaticana.va/storico/2015/01/08/faccia_a_faccia_don_walter_lobina_ssp_incontra_il_beato_giacomo/it-1116961

e pubblicata in: Domande e provocazioni. Interviste impossibili a fondatori e pionieri della vita consacrata, a cura di Laura De Luca e Vito Magno, Libreria Editrice Vaticana, 2015.