DON GIACOMO ALBERIONE [14]: il grande interrogativo

Il fiume dell’umanità di oggi è un fiume di autostrade, di reti satellitari ma anche di folle che scappano dalla guerra e da ogni forma di violenza. L’interrogativo di don Alberione è di un’attualità bruciante: “Dove cammina, come cammina, verso quale meta cammina questa umanità che si rinnova sempre sulla faccia della terra? L’umanità è come un grande fiume che va a gettarsi nell’eternità. Sarà salva? Sarà perduta per sempre?” (Alle Figlie di San Paolo, 1961).

“Nessuna ricchezza si può dare a questo mondo povero e orgoglioso se non Gesù Cristo” (Abundantes divitiae 182).

“Quante parole dette a vuoto, anche in qualche periodico! Se non si portano le anime a Dio, non le salviamo […]. E abbiamo in mano mezzi così potenti, mezzi che ci ha fornito il progresso e che troppo spesso vengono sfruttati per il male.

Che grande responsabilità al tribunale di Dio se non abbiamo usato questi mezzi per fare dei figli di Dio! Innestarci in Gesù Maestro: che cosa è venuto a fare il Maestro divino? Ad evangelizzare. “Sono venuto al mondo a predicare la verità”. Anche voi siete venute al mondo per predicare la verità, e non le verità che riguardano la vita presente… ma quelle che riguardano la vita eterna. Gesù ha detto […]: “Pensateci: Io sono stato luce del mondo; ma adesso siete voi la luce del mondo”. Pensare a innestarci in Cristo Maestro; meditare quello che ha fatto e come ha vissuto. Onorare allora Gesù Maestro, approfondire sempre di più questa devozione e innestare noi stessi in Gesù Cristo […]. Innestare in Cristo la testa, il cuore, la mente, le attività, le opere, tutto l’apostolato. Sentire le anime, sentire la missione, la vocazione…” (Alle Figlie di San Paolo, 1961).

“Cosa pensate lungo il giorno? Cosa sognate la notte? Sognate le anime? Scrivetevi nel cuore: vi sono due miliardi di uomini nel mondo, ma quanti di essi arrivano al paradiso? […] Dite, non v’importa niente di queste anime? […] Li avete scritti nel cuore i due miliardi di anime?” (Alle Figlie di San Paolo, 15 agosto 1931).

Anni dopo, nel 1961, aggiornava le cifre della popolazione mondiale: “Pensiamo ai tre miliardi di uomini viventi e alle anime che ogni giorno passano all’eternità: che cosa sarà di queste anime? Se avete cuore veramente paolino… dovete imitare san Paolo. Quanti viaggi ha fatto, quanti passi… […] Egli aveva un cuore così largo che pensava a tutte le anime. Avere questo cuore paolino!”.

Oggi, don Alberione aggiornerebbe ancora i dati da considerare: “Vedi, nel mondo ci sono oggi circa 8 miliardi di persone. I cristiani sono circa due miliardi e trecento milioni; di questi i cattolici sono un miliardo e trecentocinquanta milioni. E tutti gli altri? Anche loro devono sapere che Dio li ama! Più di cinque miliardi di persone… Siamo presenti in 64 nazioni. Troppo poco. Sento questa responsabilità”.

Il motivo di tanta urgenza lo esplicita bene il Papa Paolo VI: “È in causa la salvezza degli uomini” (Evangelii Nuntiandi, 5).

Che fare, dunque? È una domanda che non ammette ulteriori rinvii. Infatti, se san Paolo fosse vivo oggi, cosa farebbe? E quando? Certamente si darebbe da fare subito.

Ebbene, l’uomo e la donna di oggi ci interpellano, perché comunichiamo la salvezza che viene da Cristo Maestro, via verità e vita. Ma anche la Chiesa guarda alla Famiglia Paolina perché, con il suo carisma, dia un contributo attuale ed efficace all’evangelizzazione. Infine, è la nostra stessa vocazione a stimolarci per una presenza e una visibilità di apostoli.

Un percorso attraverso i pannelli che raccontano la sua storia, presenti nel corridoio antistante la sottocripta della Basilica Regina degli Apostoli